C’è il palazzo, che giura sulla costituzione. E c’è la piazza, con la legge della disperazione a sangue. In una domenica di sole che non scalda, mentre il paese confida nell’organigramma affannato di governo, il paese ombra della rivoltella irrompe sulla scena. Fuori cerimoniale. La campanella simbolo, più che il passaggio di consegne segna il requiem della scheggia impazzita, in barba al sistema. Gli anni di piombo, sotto quell’egida ideologica della distruzione, appaiono sfocati nella mente dei longevi repubblicani. Ma oggi è tutta un’altra storia. Dietro un uomo in giacca e colletto bianco, armato di solitudine e proiettili, non c’è strategia del terrore alcuna. C’è l’Italia senza lavoro e senza speranza arrivata al gesto estremo, scevro da colori e bandiere, che lascia a terra i servitori di stato, che mette in fuga donne in bicicletta e bambini a passeggio. I “gesti isolati” non vanno isolati. E la parole, a margine di una giornata di tensioni e penne d’oro, vanno centellinate. Rispondere con i fatti, invoca lo scranno più alto di palazzo Madama. E ha ragione. Perché la ragione non parla mai la lingua di una beretta 7,65. Perché insieme all’integerrimo brigadiere c’è una intera italia in prognosi riservata. L’operazione è a cuore aperto. E si combatte con la dignità delle istituzioni. I coltelli con la punta arrotondata servono solo per fare a pezzi le pagine tristi. Come oggi, come quando si muore un po’ alla volta, come quando perdiamo tutti.